Dal Demogorgone di Dungeons & Dragons all’antica mitologia di Boccaccio, questo articolo esplora l’evoluzione della figura del Demogorgone attraverso i secoli, dalle sue radici nel XIV secolo fino alle rappresentazioni moderne in opere letterarie e nella cultura popolare.
Nella prima stagione di Stranger Things, i protagonisti della serie TV si trovano ad affrontare un temibile mostro che ha rapito il loro amico Will Byers: il Demogorgone. Questa creatura viene così soprannominata in riferimento al mostro descritto nel gioco Dungeons & Dragons.
In realtà, la storia di questa figura ha radici ben più lontane: la sua fortuna si deve innanzitutto a Boccaccio. Egli, intorno alla metà del XIV secolo, redige un testo in cui ordina la mitologia classica, creando una sorta di compendio. Quest’opera viene pubblicata con il titolo Genealogia deorum gentilium, un trattato in quindici libri il cui intento è quello di fornire una genealogia degli dèi e stabilire il dio che ha generato tutti gli altri, vagliando le teorie dei sapienti dell’antichità. In particolare, Boccaccio si rifà a Teodonzio (la cui effettiva esistenza è messa in dubbio dagli studiosi), il quale riporta una credenza di un antichissimo popolo, gli Arcadi, secondo la quale tutto nascerebbe dalla terra, dalle sue viscere, e in particolare da uno spirito che opera dal suo fondo: il Demogorgone. Boccaccio, nella sua opera, lo descrive così:
«Con grandissima maestà di tenebre, poscia ch’io hebbi descritto l’albero, quel antichissimo proavo di tutti i Dei Gentili, Demogorgone, accompagnato da ogni parte di nuvoli et di nebbie, a me, che trascorreva per le viscere della Terra apparve; il quale per tal nome horribile, vestito d’una certa pallidezza affumicata et d’una humidità sprezzata, mandando fuori da sé un odore di terra oscuro et fetido, confessando più tosto per parole altrui, che per propria bocca se essere Padre dell’infelice principato, dinanzi a me artefice di nova fatica fermossi. Confesso ch’io mi posi a ridere, mentre riguardando lui mi veni a ricordare della pazzia degli antichi; i quali istimarono quello da alcuno generato, eterno, di tutte le cose Padre, et dimorante nelle viscere della Terra».
Nel Rinascimento, molti filosofi sono affascinati dalla figura del Demogorgone, tra i quali Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Lo troviamo anche all’interno del romanzo cavalleresco, per esempio nell’Orlando Innamorato (1495) di Boiardo viene così descritto:
“Sopra ogni fata è quel Demogorgone
(Non so se mai lo odisti racontare),
E giudica tra loro e fa ragione,
E quello piace a lui può di lor fare.
La notte se cavalca ad un montone,
Travarca le montagne e passa il mare,
E strigie e fate e fantasime vane
Batte con serpi vive ogni dimane.“
Egli viene presentato qui come il re delle fate, legate al destino. Questo perché Boiardo si era rifatto alla genealogia del Boccaccio, dove il Demogorgone era presentato come il padre delle Parche, dee del fato: tre sorelle di cui una tesseva il filo della vita mortale, la seconda ne decideva la lunghezza, la terza lo tagliava.
Successivamente, ritroviamo questa figura nell’Orlando Furioso (1516) di Ludovico Ariosto, precisamente nei cinque canti inediti pubblicati postumi, dove viene descritto un consiglio delle fate presieduto dal Demogorgone, anche qui presentato, quindi, come re delle fate.
All’interno della letteratura inglese, Milton, nella sua opera Il paradiso perduto (1667), gli dà connotazione di signore dell’oscurità e padrone degli inferi, nome di terrore, simbolo del buio e dell’ignoto.
La figura del Demogorgone ebbe grande presa nell’Ottocento romantico, in particolare vi fu un poeta che soggiornando in Italia e scoprendo Boccaccio decise di darle grandezza poetica: Percy Shelley. Nel suo Prometeo Liberato (1820), dramma lirico in versi, il Demogorgone entra in scena alla fine del secondo atto quando Asia e Pantea si imbarcano alla sua ricerca in un viaggio negli inferi per persuaderlo ad aiutare Prometeo. Egli fa la sua comparsa all’interno di una caverna, e viene descritto come una potente forza oscura che occupa il trono del potere ed è in grado di emettere raggi di oscurità. Shelley lo presenta qui come un personaggio che si ribella al dio del cielo, Giove, e lo detronizza liberando Prometeo, in consonanza con la visione e gli ideali romantici.
Sempre nello stesso secolo lo troviamo in uno dei più grandi testi della letteratura americana: Moby Dick (1851). È l’epiteto che viene dato alla balena bianca, definita da Melville come il “Demogorgone per l’equipaggio della Pequod”.
Sino ad arrivare nella cultura moderna, dove la sua figura assume particolare importanza in D&D, nel quale viene presentato come Principe dei Demoni, e ancora nell’universo Marvel dove troviamo Demogorge detto il divoratore di dèi, alter ego di Atum; fino alla sua rappresentazione più recente, ovvero il mostro antagonista in Stranger Things.
Denise Mungiello, Lumi Online Journal