Il mito dei vampiri ha profonde radici millenarie, credenze e rituali sepolti nel tessuto della storia umana ce lo dimostrano.
Canini aguzzi, pelle pallida che brucia sotto al sole e lunghe passeggiate nelle tenebre, assetati di sangue. Sicuramente sono queste le prime immagini che passano per la mente quando si pensa alla parola “vampiro”. Eppure, nonostante non circolasse prima del XVIII secolo, il concetto di non-morto che si nutre del sangue, dell’energia vitale delle persone o che contribuisce al diffondersi di malattie è sempre esistito nell’immaginario dell’uomo e le testimonianze archeologiche rappresentate da sepolture anomale all’interno di necropoli e cimiteri ne sono la prova.
Ma come si pensava nascesse un essere simile? Le cause più comuni che nel tempo si pensò potessero portare alla nascita di un “vampiro” furono multiple: la morte per affogamento, il suicidio, l’assenza di battesimo al momento della morte (dopo l’avvento del cristianesimo, ovviamente), un’eventuale disabilità, la pratica di stregoneria, le maledizioni, altre forme di eresia o la mancata sepoltura di una vittima di omicidio. Le caratteristiche più comuni collegate ai “vampiri” erano spesso causate da malattie quali la porfiria, una malattia metabolica che, tra i sintomi, presentava anche un abbassamento nella produzione dell’eme, la componente del sangue che presenta il colore rosso, causando un colorito estremamente pallido e cadaverico; oppure la rabbia, la quale causava l’arretrare delle gengive che facevano apparire i denti più aguzzi o gli spasmi a seguito di forti stimoli visivi od olfattivi come ad esempio l’odore di aglio.
Una volta individuate, a seconda dell’epoca, le condizioni che potevano generare un vampiro, qualora un individuo fosse morto in quelle circostanze presentando delle caratteristiche specifiche, era necessario prendere precauzioni affinché una volta risvegliato nella tomba non potesse uscirne e nuocere ad altri individui. A Capo Colonna in Calabria vennero rinvenute due sepolture risalenti al IX-VIII secolo a.C. Nella prima sepoltura tre individui presentavano dei pesanti massi posti sopra i loro corpi, mentre nella seconda il corpo fu sepolto rivolto verso Est rannicchiato con gli avambracci piegati sotto l’addome e i talloni a contatto con le ossa del bacino. Inoltre, anche in questo caso, venne posto un masso sopra di esso. Per quanto probabilmente nell’Età del Ferro il concetto di “vampiro” non si fosse ancora delineato, esistevano già casi in cui si temeva che alcuni cadaveri potessero risvegliarsi e nuocere alla comunità e, per precauzione, essi venivano sepolti con accortezze non riservate alle altre sepolture.
Con l’avvento del cristianesimo, il concetto di “vampirismo” si intersecò strettamente con quello di eresia, come delineato da un manoscritto russo, il cui originale venne redatto nel 1047, in cui entità di questo genere erano state definite “fuorilegge spirituali”. All’interno dei cimiteri medievali risalenti fino al XII secolo vennero ritrovate diverse tombe nelle quali molti inumati presentavano la testa tagliata oppure massi incastrati nelle bocche o posti sopra i corpi. Esempi di sepolture simili vennero rinvenute nel sito di Mell II nella contea di Louth, in Irlanda. Nel sito di Drawsko, in Polonia vennero scavate alcune sepolture risalenti al XVII-XVIII secolo. Tre di esse presentavano anomalie riconducibili alle precauzioni adottate in caso di sospetto vampirismo: falcetti metallici posti attorno alla gola, massi posti sopra di essi o corpi legati. La paura della morte, del diffondersi di malattie e del diverso ha caratterizzato l’uomo fin dagli albori, tanto da creare nel corso dei secoli un concetto come quello dei non-morti che si risvegliano dalle loro tombe. Tra sepolture anomale antiche e vecchie leggende siamo poi arrivati fino alle storie di vampiri che tutti conosciamo.
Sara De Gennaro, Lumi Online Journal