Rinvenimenti Straordinari nel sito di Shahr-e Sukhteh: Dal Backgammon Antico a una Protesi Oculare del Passato

Shahr-e Sukhteh: La Città Purificata nell’antico deserto iraniano, testimone di un’evoluta civiltà del bronzo. Dai vasi in clorite alla misteriosa scomparsa, un sito archeologico ricco di enigmi e straordinari rinvenimenti, tra cui la prima protesi oculare risalente a 4800 anni fa.

Nel deserto del Sistan, nella provincia del Sistan e Baluchistan (Iran), si trova il sito di Shahr-e Sukhteh, il cui nome significa “città bruciata“. Nell’accezione locale, il significato di “bruciato” è sinonimo di purificazione, perciò “città purificata“. In questo luogo sono conservati i resti di un insediamento urbanizzato risalente all’età del bronzo, appartenente all’antica cultura di Jiroft. Questa cultura divenne famosa nel 2001 grazie alla scoperta di caratteristici vasi in clorite, evento che portò a un sistematico saccheggio della popolazione locale.

Il saccheggio fu determinato dalla vantaggiosa posizione di questa cultura, situata in una zona attraversata da ricche vie commerciali dove transitavano oggetti di valore. Il periodo di occupazione di Shahr-e Sukhteh iniziò nel 3200 a.C. e terminò improvvisamente nel 1800 a.C. Le cause della sua scomparsa sono ancora ignote, anche se è certo che la città subì ben tre incendi.

Si ipotizza che la città possa essere riconducibile alla mitica Aratta dei poemi sumerici (es. poema di Gilgamesh), descritta come ricca e potente, sede della dea Inanna (successivamente assimilata alla più famosa Ishtar, a cui fu dedicato un tempio di lapislazzuli nella città di Uruk). Secondo alcune ipotesi, l’insediamento fu abbandonato a causa di cambiamenti climatici e di una conseguente variazione del corso del fiume su cui sorgeva.

Grazie al clima secco e a uno strato di venti centimetri di cenere e polvere, la città si è conservata fino alla sua scoperta ai primi del Novecento ad opera di Aurel Stein. Il sito fu poi riscoperto dall’esploratore Maurizio Tosi e, a partire dal 1970, venne indagato da una missione italiana guidata dall’IsMEO (oggi IsIAO). Attualmente, è attiva una missione italo-iraniana, e dal 2014 è anche Patrimonio UNESCO.

La città comprende una zona residenziale, una zona industriale, un cimitero e diversi monumenti. Gli edifici presentano pareti decorate con motivi geometrici e pavimenti con stuoie. Sono emersi dodici tipi diversi di tessuto legati alla florida industria tessile cittadina, insieme a un sistema ceramico efficiente con approvvigionamento idrico e gestione delle acque reflue.

Il sito ha portato al rinvenimento di oggetti singolari e poco comuni nelle indagini archeologiche, come ad esempio un righello in argilla di dieci centimetri, che potrebbe indicare studi matematici avanzati, e una nave in ceramica che raffigura cinque immagini in successione di una capra che salta per mangiare delle foglie, praticamente un arcaico cartone animato.

La comunità dimostra il suo avanzamento attraverso alcune proto-tavolette con annotazioni numeriche, testimonianza di una struttura sociale e amministrativa. Non finisce qui: a ovest e a sud della città sono emerse ventunomila tombe che hanno regalato risultati ancora più interessanti. Da una delle sepolture è emerso un esemplare ligneo del gioco reale di Ur, una sorta di backgammon.

È stato anche rinvenuto uno scheletro di una ragazza di 14 anni, a cui fu praticato un intervento chirurgico al cervello, la testimonianza più antica di attività chirurgica datata ben 4800 anni fa. Il rinvenimento più particolare fu il corpo di una donna che riportò alla luce nel 2006 un primo esempio di protesi oculare, una semisfera in pasta bituminosa, ricoperta con incisioni d’oro a imitazione della pupilla. La protesi era indossata durante il giorno, tenuta in posizione tramite due fori in cui era inserito un filo dorato; inoltre, la donna era alta ben 1,82 metri e probabilmente era un personaggio importante della società, forse una sacerdotessa. Lo scheletro si data tra il 2900 e il 2800 a.C.

Tali particolari rinvenimenti e la storia della città portarono nel 2021 a un film di Nasser Pooyesh dal titolo “The Burnt City“, che narra questi 1400 anni di storia, gli incendi e la vita comunitaria in uno degli insediamenti più avanzati dell’epoca, nel quale non vennero rinvenute armi, suggerendo una natura pacifica degli abitanti e una guida matriarcale.

Il sito risulta tuttora troppo poco conosciuto nonostante la grande importanza che riveste; tuttavia, le indagini e gli studi proseguiranno nei prossimi anni per garantire alla città il posto che merita nella storia.

Andrea Campione, Lumi Online Journal

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